Generazioni a confronto

Sedurre e abbandonare: ghosting e parole non dette

a cura di Raimonda Bruno*

Non rispondere alle chiamate, ai messaggi, alle email. Smettere di interagire, cancellare o bloccare sui social. Insomma sparire, anche se tutto sembrava andare bene. Questo è il ghosting, pratica di abbandono nata con i social, le app di incontri e le piattaforme di messaggistica assai diffusi tra i Millenials, che così chiudono rapporti di amicizia e di amore senza avere il coraggio di chiuderli davvero, decidendo di sparire senza dare spiegazioni e senza nemmeno comunicare la loro decisione all'altra persona, non assumendosi la responsabilità dell’interruzione ‘dal vivo’ di una relazione.

Certo, sedurre e abbandonare è una pratica vecchia come il mondo, ma senza dubbio la comunicazione via Internet e la cessione alla rete di un ruolo centrale all’interno delle relazioni affettive, che tra i Millenials spesso si sviluppano in assenza di un rapporto diretto, hanno reso assai più facile sparire nel nulla rispetto al passato. Questo accade perché, non sussistendo per chi è cresciuto dalla seconda metà degli anni ’90 in poi alcuna differenza sostanziale tra il parlarsi dal vivo rispetto al parlarsi a distanza e venendo quest’ultima modalità spesso preferita alla prima, fare ghosting è percepito come un metodo innocuo e pressoché indolore per interrompere una relazione.

ghosting 3215244706

Il fenomeno è endemico soprattutto tra la popolazione giovanile in quanto essa trova il suo habitat comunicativo nei social network tramite lo smartphone: i dati emersi da una ricerca del 2022 condotta da Paola De Rose e Caterina Marano dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza in collaborazione con l’Ospedale Bambino Gesù, infatti, raccontano che in Italia l’85% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni usa quotidianamente lo smartphone e che il 72% naviga su Internet tutti i giorni. Dai dati dello studio Espad sulle dipendenze da alcool, tabacco e sostanze psicotrope tra i giovani, poi, emerge che 9 ragazzi su 10 usano la rete per chattare e stare sui social. A partire da questi dati è facilmente deducibile il motivo per il quale il ghosting dilaga sulle piattaforme social tra i giovani e i giovanissimi.

Tra gli psicologi e gli psicoterapeuti impegnati a capire il fenomeno e la sua diffusione c’è Laura Turuani, ricercatrice dell’Istituto milanese di analisi dei codici affettivi Il Minotauro (https://minotauro.it), la quale afferma che il ghoster è convinto del fatto che interrompere una relazione sparendo sia meno doloroso per sé e per l’altra persona, del tutto ignaro del danno enorme prodotto all’autostima di chi viene abbandonato, vittima dell’idea frustrante di valere talmente poco da non meritare nemmeno una spiegazione per la fine della relazione, fosse essa in costruzione o già costruita. Perciò chi è vittima di ghosting si sente profondamente ferito e prova rabbia, rancore e ansia oltre che tristezza, in quanto non riesce a capire perché quella storia di amore o di amicizia sia stata bruscamente interrotta. A ciò si aggiunge che la vittima, a meno che non blocchi il ghoster, avrà difficoltà a liberarsene in quanto gli algoritmi dei social fanno sì che ne riaffiorino anche con cadenza quotidiana i ricordi, alimentati da una foto o da un post condiviso da un amico comune, che inconsapevolmente annulla il tratto di strada faticosamente percorso per dimenticare.

«Questa generazione – spiega Turuani de Il Minotaurosi ritrova e essere cresciuta nell’idea di trovare, in maniera utopistica, la non sofferenza. I giovani adulti sono poco abituati a soffrire e assolutamente incapaci a tollerare la sofferenza dell’altro»: per questo motivo il ghosting diventa così un riparo dal proprio e dall’altrui dolore e viene spesso messo in pratica quando ci si rende conto che la relazione va interrotta perché sta diventando coinvolgente al punto da mettere a rischio la propria indipendenza affettiva, in un mondo in cui i principi educativi diffusi spingono sempre di più all’individualismo e al riconoscimento della felicità come risiedente nel benessere del singolo. Per questo motivo le relazioni amicali e affettive sono molto più labili rispetto al passato e interromperle è diventata un’esperienza molto più comune rispetto alle generazioni precedenti.

Ma c’è di più: nel variegato mondo delle interazioni personali creatosi con la nostra seconda vita online, la Generazione Z ha dovuto inventare dei nomi per definire diverse pratiche di manipolazione emotiva collegate al ghosting.

Una di queste è lo zombieing, che consiste nella riapparizione di chi aveva interrotto una relazione scomparendo nel nulla e senza dare spiegazioni, che ‘resuscita’ tramite un messaggio di testo o le interazioni sui social con commenti, like, cuori, risposte alle storie.

zombieing

Un’altra tecnica è il benching, che si mette in pratica quando si decide di ‘lasciare in panchina’ una relazione di cui non importa in modo particolare, comunque non interrompendola definitivamente per averla a disposizione come nutrimento per la propria autostima nel caso in cui non si abbia un’alternativa più interessante.

Fenomeno analogo al precedente è il breadcrumbing, abuso emotivo che consiste nel ‘lasciare le briciole’ come Pollicino, alimentando una relazione con messaggi o interazioni social sporadici, per non uscire completamente dal mondo di una persona, illudendola senza mai impegnarsi con lei in una relazione affettiva vera, ponendo in essere un comportamento morboso.

Quella del silenzio, persistente o alternato a manifestazioni di interesse, è riconoscibile come vera e propria forma di punizione in quanto secondo la psicoterapeuta Jennice Vilhauer corrisponde a una dolorosa espressione di rifiuto sociale che attiva nel cervello le stesse aree neurali stimolate quando si sperimenta dolore fisico, oltre che a una espressione di violenza psicologica perché la sparizione del ghoster non consente alla vittima di farsi una ragione della fine di una relazione che sembrava andare bene e di voltare pagina: infatti il silenzio non consente di capire cosa non abbia funzionato nella relazione interrotta, che perciò sussiste come esperienza inutilizzabile in modalità costruttiva nell’ottica del miglioramento di sé per la costruzione di nuove relazioni affettive, con l’aggravante che spesso chi subisce il ghosting finisce col metterlo in atto a sua volta, creando un circolo vizioso.

Cosa fare, allora, quando si è vittima di ghosting o di altre tecniche di manipolazione emotiva?

Sicuramente si devono contenere i pensieri ossessivi che spingono ad addossarsi la colpa del comportamento del ghoster, arrivando ad accettare l’idea che quella persona, semplicemente, è sparita perché non desiderava più mantenere in piedi la relazione.

Si deve inoltre riconoscere la scarsa qualità del rapporto interrotto, in quanto, anche se le relazioni online sembrano essere profonde per l’apparente intimità creata dalle interazioni frequenti o, addirittura, continue, in realtà esse mancano di una base solida e molto spesso sono sopravvalutate in termini di ‘funzionalità’ emotiva e affettiva.

*Docente di Discipline Letterarie e Latino

RIFERIMENTI

logo icted

ICTEDMAGAZINE

Information Communicatio
Technologies Education Magazine

Registrazione al n.157 del Registro Stam­pa presso il Tribunale di Catanzaro del 27/09/2004

Rivista trimestrale  

Direttore responsabile/Editore-responsabile intellettuale

Luigi A. Macrì